Condannato il Ministero della Salute per danni da emotrasfusioni risalenti al 1967
15/09/2019
Il caso trae origine dal rigetto dell'Appello proposto dal Ministero della Salute avverso la decisione di 1°, del Tribunale di Catania, il quale ha condannato l'appellante Ministero al risarcimento dei danni agli eredi di un familiare deceduto a causa di shock settico derivante da una cirrosi epatica contratta successivamente ad un intervento chirurgico, avvenuto nel lontano 1967, di vagotomia tronculare, in occassione del quale aveva subito due emotrasfusioni.
Il CTU, nella fattispecie che ci occupa, nella propria consulenza medico-legale ha precisato che:"se pur all'epoca dell'accertata pratica emotrasfusionale non erano ancora in uso i marcatori di epatite HBV, per cui non era prevedibile concretamente il rischio trasfusionale d'infezione da HBV da parte degli operatori sanitari preposti alla preparazione del sangue ed alla pratica emotrasfusionale, erano tuttavia ben "noti i fattori di rischio della malattia da epatiti post-trasfusionali, per la cui salvaguardia agli organi preposti al controllo, Ministero della sanità, competeva l'obbligo di emanare opportune raccomandazioni e linee guida atte alla sicurezza delle pratiche emotrasfusionali, imponendo l'esclusione dalla donazione, previa opportuna indagine anamnestica e controlli chimico-clinici dei soggetti sospetti per infezione virale epatica ed escludendo dal commercio sangue di provenienza da aree ad alta incidenza e prevalenza di epatiti virali. Il rischio di contagio di malattie infettive trasmesse per via ematica, insito nella terapia emotrasfusionale ed ecclarato nell'ambiente scientifico intemazionale da decennI, andava diligentemente e prudentemente salvaguardato non omettendo alcun metodo di profilassi al fine di prevenire il contagio biologico per via parenterale diretta che si è rivelalo nel tempo particolannente pericoloso e severo nei confronti dei virus HBV, HCV. HIV".
La sentenza della Corte di Appello di Catania n.76/2017 ha ulteriormente confermato il principio già espresso dalla giurisprudenza di legittimità nel quale si evince che ll Ministero della Salute deve prestare la massima vigilanza per le emotrasfusioni ed emoderivati al fine di evitare il contagio con sangue infetto cagionando danni permanenti ed irreversibili a tutti i soggetti bisognosi di trasfusioni.
Il superiore principio di diritto prevede e prescrive al Ministero della Salute di effettuare un'attenta e scrupolosa attività di vigilanza in merito ai protocolli trasfusionali o di emoderivati onde evitare l'insorgenza di patologie quali: epatite b (HBV), epatite C (HBC) e aids (HIV) dovute al contagio con il sangue infetto, a tutti coloro che si sottopongono alle somministrazioni delle predette cure ematologiche.
"E tuttavia, la Corte di Cassazione ha affermato - in particolare con la sentenza 581 del 2008 - che, comunque sia, anche prima dell'entrata In vigore della L. 4 maggio 1990, n. 107, contenente la disciplina per le attività trasfusionali e la produzione di emoderivati, deve ritenersi che sussistesse in materia, sulla base della legislazione vigente, un obbligo di controllo, direttive e vigilanza in materia di sangue umano da parte del Ministero della Sanità, anche strumentale alla funzione di programmazione e coordinamento in materia sanitaria. Ha quindi sostenuto che l'omissione da parte del Ministero di attività funzionali alla realizzazione dello scopo per il quale l'ordinamento attribuisce il potere (qui concemente la tutela della salule pubblica) lo espone a responsabilità extracontrattuale, quando, come nella fattispecie, dalla violazione del vincolo interno costituito dal dovere di vigilanza nell'interesse pubblico, il quale è strumentale ed accessorio a quel potere, siano derivate violazioni dei diritti soggettivi dei terzi. Le negligenze ascrivibili all'amministrazione appellante consistono insomma nell'omissione di controlli sui pool plasmatici e, in particolare, sull'attuazione delle raccomandazioni per la preparazione dei prodotti antiemofiliaci, sull'idoneità dei donatori del sangue secondo le tecniche del tempo note: tali omissioni espongono l'oggi Ministero della Salute a responsabilità rispetto alla diffusione del virus".
Il CTU, nella fattispecie che ci occupa, nella propria consulenza medico-legale ha precisato che:"se pur all'epoca dell'accertata pratica emotrasfusionale non erano ancora in uso i marcatori di epatite HBV, per cui non era prevedibile concretamente il rischio trasfusionale d'infezione da HBV da parte degli operatori sanitari preposti alla preparazione del sangue ed alla pratica emotrasfusionale, erano tuttavia ben "noti i fattori di rischio della malattia da epatiti post-trasfusionali, per la cui salvaguardia agli organi preposti al controllo, Ministero della sanità, competeva l'obbligo di emanare opportune raccomandazioni e linee guida atte alla sicurezza delle pratiche emotrasfusionali, imponendo l'esclusione dalla donazione, previa opportuna indagine anamnestica e controlli chimico-clinici dei soggetti sospetti per infezione virale epatica ed escludendo dal commercio sangue di provenienza da aree ad alta incidenza e prevalenza di epatiti virali. Il rischio di contagio di malattie infettive trasmesse per via ematica, insito nella terapia emotrasfusionale ed ecclarato nell'ambiente scientifico intemazionale da decennI, andava diligentemente e prudentemente salvaguardato non omettendo alcun metodo di profilassi al fine di prevenire il contagio biologico per via parenterale diretta che si è rivelalo nel tempo particolannente pericoloso e severo nei confronti dei virus HBV, HCV. HIV".
La sentenza della Corte di Appello di Catania n.76/2017 ha ulteriormente confermato il principio già espresso dalla giurisprudenza di legittimità nel quale si evince che ll Ministero della Salute deve prestare la massima vigilanza per le emotrasfusioni ed emoderivati al fine di evitare il contagio con sangue infetto cagionando danni permanenti ed irreversibili a tutti i soggetti bisognosi di trasfusioni.
Il superiore principio di diritto prevede e prescrive al Ministero della Salute di effettuare un'attenta e scrupolosa attività di vigilanza in merito ai protocolli trasfusionali o di emoderivati onde evitare l'insorgenza di patologie quali: epatite b (HBV), epatite C (HBC) e aids (HIV) dovute al contagio con il sangue infetto, a tutti coloro che si sottopongono alle somministrazioni delle predette cure ematologiche.
"E tuttavia, la Corte di Cassazione ha affermato - in particolare con la sentenza 581 del 2008 - che, comunque sia, anche prima dell'entrata In vigore della L. 4 maggio 1990, n. 107, contenente la disciplina per le attività trasfusionali e la produzione di emoderivati, deve ritenersi che sussistesse in materia, sulla base della legislazione vigente, un obbligo di controllo, direttive e vigilanza in materia di sangue umano da parte del Ministero della Sanità, anche strumentale alla funzione di programmazione e coordinamento in materia sanitaria. Ha quindi sostenuto che l'omissione da parte del Ministero di attività funzionali alla realizzazione dello scopo per il quale l'ordinamento attribuisce il potere (qui concemente la tutela della salule pubblica) lo espone a responsabilità extracontrattuale, quando, come nella fattispecie, dalla violazione del vincolo interno costituito dal dovere di vigilanza nell'interesse pubblico, il quale è strumentale ed accessorio a quel potere, siano derivate violazioni dei diritti soggettivi dei terzi. Le negligenze ascrivibili all'amministrazione appellante consistono insomma nell'omissione di controlli sui pool plasmatici e, in particolare, sull'attuazione delle raccomandazioni per la preparazione dei prodotti antiemofiliaci, sull'idoneità dei donatori del sangue secondo le tecniche del tempo note: tali omissioni espongono l'oggi Ministero della Salute a responsabilità rispetto alla diffusione del virus".