Pensione ordinaria d’invalidità: requisito dell’impossibilità assoluta e permanente della capacità lavorativa
16/01/2022
Con l'ordinanza n. 2975/2018, la Cassazione ha precisato che la pensione d'inabilità lavorativa (art. 2 della Legge n. 222/1984), dovrà essere riconosciuta, ai lavoratori invalidi, anche se gli stessi residuino della capacità lavorativa purchè lo svolgimento di una diversa prestazione lavorativa non sia confacente alle loro attitudini, non dovrà risultare usurante, non dequalificante e remunerativa.
Nello specifico, la Corte stabilisce che: "qualora l'assicurato si trovi, a cagione della sua invalidità, nella impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi attività lavorativa confacente alle sue attitudini che sia non usurante, non dequalificante, e remunerativa; la sussistenza o meno di tale situazione di impossibilità va valutata in concreto, avendo riguardo al possibile impiego delle energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto".
Per effettuare la valutazione di cui sopra occorre fare riferimento al caso concreto e riscontrare se le nuove mansioni, svolte dal lavoratore, siano confacenti alle attitudini dell'assicurato e non dequalificanti, ed il lavoro abbia il requisito della remuneratività, cioè idoneo ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.).
Da ciò ne consegue che la pensione d'inabilità ordinaria può non essere accolta laddove al soggetto inabile sia presente una residua capacità lavorativa confacente alle proprie attitudini professionali e che la nuova occupazione offra una remunerativà che garantisca un'esistenza libera e dignitosa.
Cassazione, ordinanza n.2975/2018
Nello specifico, la Corte stabilisce che: "qualora l'assicurato si trovi, a cagione della sua invalidità, nella impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi attività lavorativa confacente alle sue attitudini che sia non usurante, non dequalificante, e remunerativa; la sussistenza o meno di tale situazione di impossibilità va valutata in concreto, avendo riguardo al possibile impiego delle energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto".
Per effettuare la valutazione di cui sopra occorre fare riferimento al caso concreto e riscontrare se le nuove mansioni, svolte dal lavoratore, siano confacenti alle attitudini dell'assicurato e non dequalificanti, ed il lavoro abbia il requisito della remuneratività, cioè idoneo ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.).
Da ciò ne consegue che la pensione d'inabilità ordinaria può non essere accolta laddove al soggetto inabile sia presente una residua capacità lavorativa confacente alle proprie attitudini professionali e che la nuova occupazione offra una remunerativà che garantisca un'esistenza libera e dignitosa.
Cassazione, ordinanza n.2975/2018