Se non vi è stato un miglioramento di salute l’INPS non può revocare l’indennità di accompagnamento
07/12/2020
L'indennità di accompagnamento non può essere revocata se dalla visita di revisione l'INPS non accerti alcun miglioramento dello stato di salute o comunque un recupero di guadagno del medesimo.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 23752/2020.
Nella fattispecie in esame riguarda un soggetto inabile che ha adito il Tribunale di Messina per vedersi riconosciuto il suo diritto alla pensione di inabilità a far data dal novembre 2005 e all'indennità di accompagnamento dall'aprile 2006;
che a seguito di visita di revisione l'INPS, con verbale del 5.12.11, aveva revocato l'indennità di accompagnamento con effetto dall'1.1.2012;
che il ricorso in giudizio dallo stesso proposto al fine di ottenere il riconoscimento del diritto alla citata indennità a far data dalla revoca era stato respinto in primo grado con sentenza parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Messina con la pronuncia ora impugnata.
"La Cassazione ha ripetutamente affermato che nell'ipotesi in cui il diritto (alla pensione o) all'assegno di invalidità sia stato riconosciuto con sentenza passata in giudicato ed il trattamento previdenziale sia stato poi soppresso dall'INPS, la sentenza che accerta il diritto all'assegno ordinario assume efficacia vincolante per non potere la situazione accertata essere messa più in discussione ove permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti.
Ne consegue che allorquando si discuta intorno alla legittimità della revoca dell'assegno disposta dall'INPS deve raffrontarsi la situazione esistente all'epoca del precedente accertamento giudiziale con quella ricorrente al momento della revoca stessa, per verificare se effettivamente vi sia stato un miglioramento nello stato di salute dell'assicurato o comunque un recupero di guadagno del medesimo, derivante da un proficuo e non usurante riadattamento lavorativo in attività confacenti alle sue personali attitudini (cfr. Cass., sez. 6 n. 26090 del 2019; n. 5424 del 2006; n. 5151 del 2004; n. 12674 del 2003; n. 4159 del 2001; S.U. n. 393 del 1999)".
Corte di Cassazione, ordinanza n. 23752/2020
Così ha stabilito la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 23752/2020.
Nella fattispecie in esame riguarda un soggetto inabile che ha adito il Tribunale di Messina per vedersi riconosciuto il suo diritto alla pensione di inabilità a far data dal novembre 2005 e all'indennità di accompagnamento dall'aprile 2006;
che a seguito di visita di revisione l'INPS, con verbale del 5.12.11, aveva revocato l'indennità di accompagnamento con effetto dall'1.1.2012;
che il ricorso in giudizio dallo stesso proposto al fine di ottenere il riconoscimento del diritto alla citata indennità a far data dalla revoca era stato respinto in primo grado con sentenza parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Messina con la pronuncia ora impugnata.
"La Cassazione ha ripetutamente affermato che nell'ipotesi in cui il diritto (alla pensione o) all'assegno di invalidità sia stato riconosciuto con sentenza passata in giudicato ed il trattamento previdenziale sia stato poi soppresso dall'INPS, la sentenza che accerta il diritto all'assegno ordinario assume efficacia vincolante per non potere la situazione accertata essere messa più in discussione ove permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti.
Ne consegue che allorquando si discuta intorno alla legittimità della revoca dell'assegno disposta dall'INPS deve raffrontarsi la situazione esistente all'epoca del precedente accertamento giudiziale con quella ricorrente al momento della revoca stessa, per verificare se effettivamente vi sia stato un miglioramento nello stato di salute dell'assicurato o comunque un recupero di guadagno del medesimo, derivante da un proficuo e non usurante riadattamento lavorativo in attività confacenti alle sue personali attitudini (cfr. Cass., sez. 6 n. 26090 del 2019; n. 5424 del 2006; n. 5151 del 2004; n. 12674 del 2003; n. 4159 del 2001; S.U. n. 393 del 1999)".
Corte di Cassazione, ordinanza n. 23752/2020