Sì al trasferimento anche nel corso del rapporto di lavoro del lavoratore che assiste un soggetto handicappato
21/01/2023
Il lavoratore che si occupa dell'assistenza di un proprio familiare (caregiver ovvero colui che presta aiuto al soggetto handicappato) che versa in situazione di severa disabilità, (L. 104/1992, art. 3 comma 3) può chiedere ed ottenere il trasferimento presso la sede lavorativa più vicina alla residenza del soggetto diversamente abile.
Il superiore trasferimento opera sia sia in fase genetica del rapporto di lavoro, sia nel corso dello svolgimento dell'attività lavorativa.
Sul punto è intervenuta la Cassazione con l'ordinanza n. 6150/2019 statuendo che "come la norma di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 5, sul diritto del genitore o familiare lavoratore "che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato" di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, è applicabile non solo all'inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l'attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento.
La ratio della norma è infatti quella di favorire l'assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all'epoca dell'inizio del rapporto stesso.
L'art. 33, comma 5, L. n. 104 del 1992 risultante all'esito di tali interventi normativi ed applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame è formulato nel modo seguente "Il lavoratore di cui al comma 3 (il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".
Cassazione, ordinanza n. 6150/2019
Il superiore trasferimento opera sia sia in fase genetica del rapporto di lavoro, sia nel corso dello svolgimento dell'attività lavorativa.
Sul punto è intervenuta la Cassazione con l'ordinanza n. 6150/2019 statuendo che "come la norma di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 5, sul diritto del genitore o familiare lavoratore "che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato" di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, è applicabile non solo all'inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l'attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento.
La ratio della norma è infatti quella di favorire l'assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all'epoca dell'inizio del rapporto stesso.
L'art. 33, comma 5, L. n. 104 del 1992 risultante all'esito di tali interventi normativi ed applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame è formulato nel modo seguente "Il lavoratore di cui al comma 3 (il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".
Cassazione, ordinanza n. 6150/2019